THE MONSTERS CIRCUS
Recensione: La prima cosa che ho pensato prima di iniziare a leggerlo è stata: “un racconto in rima baciata?”.
Si, The Monsters Circus è un racconto in rima baciata. Un racconto che l’autrice stessa, Valentina Palomba, definisce fantasy-dark. Un racconto che ti trascina a leggerne sempre di più sia per la natura stessa dell’essere scritto in rima, sia per l’assurdità/stranezza di quello che succede. Suggerisco di leggerlo praticamente tutto d’un fiato, altrimenti si rischia di ridurre l’effetto di tensione.
La storia racconta di William, medico affermato e conosciuto di un non meglio specificato paesino di non si sa dove, e del suo incontro con il circo itinerante che arriva in città. Quello stesso circo che, pagina dopo pagina, gli darà la possibilità di cambiare prospettiva.William viene inizialmente attratto, senza un ben chiaro motivo apparente, verso uno spettacolo di questo mondo itinerante. Quella serata passata al circo, e una esibizione in particolare, farà scattare qualcosa in lui.
Col procedere del racconto, William vede aprirsi davanti a sé una realtà tutta nuova, che aveva sempre avuto davanti agli occhi, ma che mai aveva realmente cercato di vedere, o di interpretarne i segnali: proprio come i suoi pazienti che lo hanno sempre identificato con la sua professione, senza mai essere interessati a conoscere la persona che vi stava dietro.
Man mano che il velo viene rimosso, William acquisisce sempre più coscienza di sé e della diversità della natura, che in questo piccolo angolo di mondo creato dall’autrice, non è fatto solo di uomini e animali per come li conosciamo, ma anche di…altro!
Il racconto è veramente piacevole, scorre via pagina dopo pagina grazie anche alla scelta stilistica dell’autrice di narrarlo in rima. Senza troppe pretese, il lettore viene portato in un piccolo vortice di emozioni, che hanno il sapore quasi d’altri tempi, espresse in rima. La tensione raggiunge la sua vetta quando il dottore, a seguito di alcuni eventi, inizia a pensare di essere pazzo. In realtà, questa sua perdita di controllo, lo porta poi a ricomporre le tessere dentro sé stesso, fino ad estraniarsi totalmente da quello che era prima e ad abbracciare completamente il suo nuovo Io e questa nuova parte di mondo che prima non riusciva a vedere. Il messaggio che potremmo leggere, neanche troppo tra le righe, di primo acchito è: diverso è bello, anche se ha delle ombre. Volendo dare una lettura un po’ più articolata, ciò che ho percepito leggendo, è la frammentazione dell’Io, raccontata attraverso la storia del protagonista.
William vive una vita “inquadrata” e ben scandita, alienante per certi versi, senza un vero scambio interessante con nessuno, e, rendendosene conto, percependo questo vuoto nella sua vita, questa sensazione di troncamento, l’ovvio risultato è il malessere, una sofferenza di sottofondo sempre presente, come una malinconia inspiegabile. Fuori, medico di discreto successo, dentro, la solitudine, ma, allo stesso tempo, anche l’istinto di cercare qualcos’altro per migliorare la sua condizione, o, forse, solo per cercare di attutire quel malessere.
Va in pezzi quando le sue certezze crollano, ma altrettanto velocemente si ricompone quando trova un senso, una spiegazione, una risposta, la risposta a quello che aveva sempre sentito “stonare” nel suo profondo. Quando capisce che la percezione di sé e del mondo circostante era stata solo parziale fino a quel momento, ecco che tutto ritrova un senso, forse non logico, ma tale da ridargli lucidità.
(Eleonora Pappalardo)
INTERVISTA A VALENTINA PALOMBA
1) Scrittrice si nasce o si diventa? Come sei arrivata a questa passione?
Credo che si nasca scribacchine e si diventi scrittrici. Io sono nata come scribacchina e ancora mi considero tale, perché mi fa un po’ impressione definirmi “scrittrice” ed associarmi quindi ai grandi nomi della letteratura. Ho sempre creato mille e più storie su altrettanti palcoscenici mentali, con altrettanti attori. Molte di queste sono rimaste nel cassetto, molte solo su quel palco, una è finita su carta con tanto di copertina. Dicono che questo faccia di me una scrittrice, ma secondo me per salire questo gradino e “passare di grado” bisogna affilare per bene la lama e smussare gli angoli. Ho coltivato e abbandonato la scrittura per anni: solo quando una storia emergeva la mettevo su carta in maniera istintiva e poco organizzata, senza badare ai dettagli, semplicemente perché mi piaceva tornare in quel mondo che avevo creato. Poi è arrivato The Monsters Circus, che ha prevalso su tutto, un palcoscenico in cui creare, crescere, affilare e smussare gli angoli.
2) The Monsters Circus è definito “dark fantasy in filastrocca”. A cosa si deve la scelta di questa forma decisamente particolare?
The Monsters Circus doveva essere un racconto, o se vogliamo un romanzo, in prosa come tutti gli altri. Nasceva da un bisogno di dire qualcosa che sentivo di dover urlare. Scrissi le prime 30 o 40 pagine in prosa, poi, visto il genere, decisi che sarebbe stato bello inserire ad inizio capitolo una strofa in rima, così da dare un tocco un po’ più dark e contemporaneamente un po’ più infantile alla storia. Ebbene ad un certo punto mi sono accorta che invece che una strofa, ne avevo composte due, tre, quattro, dieci. Le rime presero il sopravvento e trasformarono una storia “comune” in un mondo nuovo, fiabesco, eppure reale e dark al contempo. Fra le strofe nascevano i personaggi, le dinamiche, le sfumature, i concetti, tutto. Infine credo non sia stata una mia scelta, ma una scelta della storia: elevarsi a qualcosa di differente ed inusuale, esattamente come ciò che volevo urlare.
3)Quali sono state per te le difficoltà di scrivere rispettando le rime, senza sacrificare la comprensione del racconto?
Ebbi due difficoltà a dire il vero, una che vi sembrerà stupida, una un po’ più complessa. La prima fu la musica: abituata da sempre a scrivere con un sottofondo adatto alla narrazione o allo specifico momento della storia, mi sono trovata a dover comporre nel silenzio più totale. Questo perché The Monsters Circus a mio parere ha un suo ritmo, una suona musica di fondo e se vi avessi sovrapposto un’altra melodia, sarebbe diventata una cacofonia indistinta, proprio come se un musicista provasse a sovrapporre due canzoni. Così ho dovuto lasciarmi guidare dal ritmo della storia, immergendomi completamente in essa. La seconda difficoltà è più tecnica: le dinamiche prettamente fisiche. E’ tanto facile trasformare e trasmettere le sfumature in rima, quando è difficile applicare lo stesso concetto ad un movimento, ad esempio, ad una descrizione che devi dare, cui non puoi aggiungere fronzoli o lazzi per renderla armoniosa. Eppure lo devi fare. Essendo la prima opera che scrivo in rima questo è stato uno scoglio arduo da superare, ma alla fine ho capito che tutto il gioco sta nell’arrotondare, smussare ed affilare l’arte e rendere persino una descrizione prettamente fisica, armoniosa e musicale.
4) Leggendo l’opera si possono certamente notare diversi riferimenti che arrivano dalla letteratura, ma anche dalla musica e dal cinema, ce li puoi svelare o teniamo il segreto?
Parrà una follia, ma l’unico riferimento che avevo coscientemente in mente era The Nightmare Before Christmas di Tim Burton e un semplicissimo video sui Freaks Show che vidi su youtube. Si, mi spiace deludervi ma è così. A posteri, invece, grazie alle recensioni mi sono accorta che conteneva molti più riferimenti di quanti me ne fossi immaginata o di quanti ne conoscessi. Credo che questo sia anche molto soggettivo, perché, sempre grazie alle recensioni, ho scoperto che ognuno interpreta la mia storia in una maniera particolarmente personale e trova spunti sempre diversi. Ad esempio, hanno paragonato il mio romanzo “Il Circo della Farfalla”, cortometraggio che io colpevolmente non conoscevo, oppure ad opere anche molto più complesse. Questo è il bello: tutti leggono le stesse pagine, le stesse parole, ma ognuno fa e trova riferimenti diversi, arricchendo inconsapevolmente la mia storia con la propria interpretazione. E poi tante grazie al Signor Edgar Allan Poe per avermi aiutata a dare quelle sfumature un po’ creepy al mio mondo.
5) Oltre a raccontare una storia, si percepisce che il messaggio per te sia importante, e riguardi l’accettazione del “diverso”, unita alla questione che nessuno è perfetto oppure veramente “normale”. Che ne pensi?
Penso che se sono riuscita a trasmettere questo messaggio, mi sento davvero realizzata. Questo era quello che volevo urlare, questo era quello che mi ha spinta a scrivere questa storia, forse consapevolmente, forse no. Cos’è l’anormalità in un mondo dove siamo tutti uguali e diversi? L’anormalità viene decisa dalla società, non da noi, perché non esiste la normalità. Io non sono normale, non sono uguale, non sono anormale ne diversa rispetto a nessun altro. So che per molti è un concetto astratto, ma cosa definireste normale? Una persona che ha due gambe, due braccia e una testa è per voi esteriormente normale, ma magari ha caratteristiche che per la società in cui vive sono considerate anormali. E a cosa porta l’essere visto anormale? Spesso, purtroppo, all’emarginazione, alla violenza, all’odio, alla paura. Perchè? Non esiste una spiegazione logica o accettabile che risponda a questa domanda. I miei mostri vengono visti come “anormali” e “diversi”, vengono derisi, additati e sfruttati, solo perché nella società in cui vivono nessuno si pone il dubbio di andare oltre l’esteriorità differente. Ed è questa la fregatura, perché io, che per la mia società sono esteriormente normale, sono diversa da te e da chiunque altro. E allora perché dobbiamo fare guerre, odiare, deridere o additare chi non è altro che un essere umano come noi, uguale a noi e diverso da noi, come noi siamo diversi e uguali da chiunque altro, come noi siamo normali e anormali per chiunque altro? Se riuscissimo a bypassare questo scalino che la società ha creato, vi assicuro che sarebbe davvero un mondo migliore, perché ad esser diversi non si fa torto a nessuno, ma anzi, il mondo uscirebbe dal bianco e nero e si arricchirebbe di un bellissimo caleidoscopio di colori. William ce l’ha fatta, ma voi? Ne siete in grado?
6) Come sta rispondendo il pubblico secondo te a questa opera particolare?
E’ particolare, è inutile ribadirlo. Chi è il pazzo che al giorno d’oggi scrive più di 300 pagine in rima, cercando di far passare il messaggio dell’uguaglianza e del rispetto su uno scenario fantasy? Nessuno, giusto io. Quindi è indubbio che il mio romanzo sia di nicchia e per pochi, pochi che provano a leggere qualcosa di nuovo e pochi che hanno una mentalità aperta che vada oltre le barriere della società. Sottolineato questo, devo dire che sta piacendo e ognuno legge il mio libro in maniera differente, ci aggiunge qualcosa di suo e questo è spettacolare. Dà quel tocco personale che ho voluto lasciare al lettore, riempie quello spazio che ho volutamente lasciato vuoto, dove il lettore può aggiungere qualcosa di suo. Anche questo piace al pubblico. Le critiche sono positive e ricche di belle parole che non avrei neanche immaginato, quindi sono assolutamente soddisfatta.
7) Quale musica consiglieresti di ascoltare durante la lettura della tua opera, almeno che potrebbe assecondare il suo ritmo interno?
Come ho detto prima The Monsters Circus ha un suo ritmo, che difficilmente si sposerebbe con un altro, almeno a mio parere. In alcune scene però, si può accompagnare alla bellissima colonna sonora della Contea, de Il Signore degli Anelli, una musica rilassante, che sa di pace, di casa, di un focolare accogliente, caldo e intimo. In altre, anzi in una scena specifica che non vi dirò, credo che un bel valzer un po’ graffiante e sgraziato sia perfetto. Un tema generale potrebbe essere la Danse Macabre di Camille Saint-Saëns, ma è tutto molto soggettivo.
8) Oltre The Monster Circus, dove andrà la scrittrice Valentina Palomba? A cosa stai lavorando ora? Continuerai a narrare per rima, oppure?
Effettivamente non ho una vera meta. Guardo il mio palcoscenico personale da una postazione privilegiata, osservo i miei attori e le opere che metto in scena continuamente, quindi potrei andare ovunque o da nessuna parte. Non essendo la scrittura il mio primo lavoro, come per molti, il tempo dedicato è quello che è, ma ho delle idee che sto vagliando attentamente e sto mettendo su carta. So di sicuro che ne uscirà qualcosa di particolare e non convenzionale, come The Monsters Circus. Forse in rima, forse no, chi lo sa? L’autore sceglie le basi e se sono quelle giuste, si creerà quella magia che da vita alla storia. E se la storia sarà sufficientemente forte, darà vita ai personaggi, alle dinamiche e alla forma in sé. Vi pare strano? Forse avete ragione, ma non impongo mai nulla alla scrittura, la lascio libera di agire, creare e distruggere, nascere e crescere, ed è proprio questo il bello. Infine, si, aspettatevi qualcosa che di certo vi farà pensare “Questa è una pazza, ma una pazza geniale”.
9) Il finale lo lasciamo a te, come vorresti concludere questa chiacchierata?
Vorrei concludere ringraziando tutti i ragazzi e le ragazze di Alma Ludica, che mi hanno permesso di fare questa interessantissima intervista e che nei mesi mi hanno supportata. Un grazie speciale va alla mia CE Brè Edizioni che ha avuto il coraggio di pubblicare questa mia pazzia e che mi ha dato gli spintoni necessari per far conoscere la mia opera. In ultimo, ma proprio ultimissimo vorrei chiedere a tutti coloro leggeranno queste righe di fermarsi un momento e riflettere sulle proprie azioni. Ricordatevi sempre che basta una parola, uno sguardo per uccidere o salvare qualcuno. Pensate che ognuno merita rispetto e pace, indipendentemente dai dogmi della società. Non giudicate una persona perché ha un colore, una forma, un credo o una preferenza differente dalla vostra: conoscete quella persona, parlateci, capitela, mettetevi nei suoi panni e chiedetevi “Perchè l’essere diverso da me dovrebbe essere un male?” E capirete che no, non è un male, è solo un altro essere umano esattamente come voi, che rende il mondo un bellissimo caleidoscopio di colori.
Vi lascio una novità
che vi scioccherà:
dall’odio non nasce niente,
ecco l’inconveniente.
Solo la guerra
che devasta la Terra,
solo il dolore
che uccide l’amore.
Non c’è Musa
che ci scusa,
perché odiare
ci fa solo ammalare.
E allora un appello
che vi sia ritornello:
amate e proteggete
e ci salverete.
(Antonino Blesi & Eleonora Pappalardo)